MANIPOLAZIONE DELL’INFORMAZIONE (Non per scadere nel complottismo 2)

Il video è visibile a questo indirizzo (https://youtu.be/YsaEPQ0QsgY), ma prima consigliamo vivamente di leggere questo testo.

Questo blob raccoglie una serie di dichiarazioni autorevoli in merito al problema della manipolazione dell’informazione e agli episodi in cui questa si sia verificata ad alti livelli con conseguenze drammatiche, dimenticate troppo facilmente.

Sarebbe bello se bastasse una raccolta di firme su internet per combattere le bufale, sarebbe bello se bastasse la nascita di un organismo imparziale che eliminasse tutte quelle informazioni o quelle fonti che non rispondono al vero, peccato che la realtà sia molto più complessa.

Prima di tutto non è difficile arrivare alla considerazione che le notizie possono essere totalmente false, ma anche false a tratti, filtrate attraverso l’ideologia di chi le scrive, o semplicemente mistificate; quindi trovare un criterio comune a livello nazionale o europeo che stabilisca il limite di falsità è praticamente impossibile. Senza contare il rischio che chi si ritroverebbe delegata l’autorità di decidere questo limite sarebbe sicuramente a sua volta influenzato dalle sue idee politiche o sociali, se non addirittura corrotto o volutamente influenzato.

E se un articolo viene eliminato a torto, a chi si dovrebbe rivolgere l’autore per avere giustizia? È materia civile? penale? da sottoporre alla corte costituzionale? La sola lungaggine delle procedure burocratiche di ripubblicazione dell’articolo senza falsità sarebbe un comodo strumento politico per fare in modo che la notizia perda il suo impatto, visto che sarebbe di dominio pubblico solo quando i riflettori sui fatti trattati sarebbero ormai affievoliti. Non ci sarebbe assolutamente da sorprendersi se in futuro si concretizzasse una dinamica simile, visto che già adesso la rettifica di un errore di informazione avvenuto sui mass media viene fatta (SE viene fatta) ovviamente tempo dopo e mai con lo stesso risalto con cui è stata data la notizia sbagliata.

Restringendo il campo a quelle notizie falsificate per mala fede e non per semplice ingenuità/negligenza, bisogna considerare che la radice di questa mala fede può avere diverse mire; una è sicuramente economica per cui una notizia che fa più scalpore, per i risaputi meccanismi moderni sposta visibilità, click e quindi denaro. C’è poi la mira politica, diretta nei casi in cui si mistifica un fatto per spostare l’opinione pubblica a proprio favore e indiretta nei casi in cui si crea un canale di finta opposizione e volutamente ridicolo, in modo che sia più semplice accostare a quella ridicolaggine chi si oppone a una certa idea. Non è da escludere che una mira politica si serva sia della modalità diretta sia di quella indiretta.

Dare un taglio particolare alla narrazione di un fatto, crea un effetto specifico sulla formazione della coscienza pubblica, ovvero la futura chiave di lettura con la quale gli utenti analizzeranno e decodificheranno tutti i fatti a venire. È di questa responsabilità che un giornalista (come qualunque divulgatore) dovrebbe farsi carico, mentre invece siamo continuamente sottoposti a narrazioni volutamente alterate ben oltre la fisiologica soggettività.
È ingenuo pensare che uno strumento potenzialmente libertario come internet sia stato messo a disposizione di tutti senza che nessuno si sia posto il problema di come controllare e manipolare il flusso di informazioni che avrebbe inevitabilmente circolato al suo interno, ecco perché quando ci si pone il problema della manipolazione non possiamo esimerci dall’analisi sia a livello di grandi media sia a livello di piccoli blog.

Avendo la maggior parte dei giornalisti un atteggiamento conformista, più è autorevole il media che parla di un argomento più si otterrà un effetto a cascata per cui tutti i media minori si occuperanno di quell’argomento, creando quindi la cornice entro la quale si muoverà il dibattito pubblico. È ormai notoria la conformazione sempre più elitaria dei grandi media, che fa della massa di piccoli blog una banale cassa di risonanza. Senza contare che l’idea sempre più diffusa della natura caotica dell’informazione dal basso rende sempre più autorevoli, più forti e più necessariamente indiscutibili i media riconosciuti come ufficiali, decisamente una fortunata serie di eventi per chi li gestisce. Di fatto il concetto di pluralità dell’informazione è sempre più utopico.

In sociologia è da tempo acclarata una sistemica collusione tra i mezzi di informazione e gli interessi economici e politici che ruotano attorno ad essi. Esiste sempre un discreto numero di esperti, uomini politici, funzionari, rappresentanti di categorie e di associazioni che desiderano diventare fonti stabili di mass media per influenzare in qualche maniera l’opinione pubblica o per guadagnare in notorietà e prestigio. Spesso si verifica quella che viene chiamata assimilazione della fonte al giornalismo, che di fatto consiste in una perdita di indipendenza critica. Ad esempio, un esperto che tende ad andare troppo a fondo nelle questioni rischia di essere messo da parte e non più usato per il futuro. Per farsi accettare gli esperti devono piegarsi alla legge della superficialità e così tradire la loro formazione intellettuale. Per l’analisi sociologica accademica in fatto di informazione non è un segreto che i mass media forniscano una rappresentazione semplificata della realtà storico-sociale che ha come conseguenza la conservazione della visione tradizionale e dello status quo, se non addirittura un gioco al ribasso degli standard culturali.

Concepire l’esistenza di un’informazione, gestita sia dall’alto che dal basso, libera da influenze politiche ed economiche, è una leggerezza che non ci si può permettere quando il fine è veramente quello di capirla e divulgarla e non di manipolarla.

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