La formula del 3% sul deficit-PIL, parametro senza basi teoriche

Si sta parlando molto del limite del 3% del rapporto deficit-PIL.

Al di là di qualsiasi valutazione o commento su qualsiasi politico che abbia o meno intenzione di rispettare questo limite e in che modo/misura, ci sembra importante soffermarsi sull’origine di questo numero.

Molti daranno per scontato che è il risultato di un qualche summit di importanti economisti europei, i quali elaborando le più sofisticate teorie economiche e i dati su ogni paese membro, sono arrivati alla conclusione che il rapporto più importante da tenere d’occhio per valutare la solidità economico/finanziaria di un paese è quello tra il suo deficit e il PIL, e che in base a svariati algoritmi si sia scelto il 3% come limite ideale comune per tutti gli stati UE.

In realtà dire che questo parametro sia stato scelto a caso non è affatto esagerato, come racconta proprio Guy Abeille, funzionario del governo Mitterand, che lo ha “inventato” negli anni ’80.
Servizio di “Di Martedì”.
Articolo del “Sole 24 ore”.

Gli economisti sanno bene che l’economia non è una vera scienza, ma si sforzano di farla passare come tale giocando con numeri, statistiche, algoritmi, equazioni.
L’economia dovrebbe tradurre in calcoli matematici situazioni reali che riguardano la vita delle persone nella realtà, calcoli che poi in quella realtà dovrebbero avere prevedibili effetti. La verità è che questa trasformazione della vita reale in calcoli economici è un puro esercizio di fantasia, basti pensare a come vengano considerati e inseriti nelle equazioni elementi disastrosi come l’inquinamento e la deforestazione, o fondamentali come l’equilibrio biochimico degli ecosistemi e la difesa della varietà genetica delle specie viventi: questi elementi non vengono affatto presi in considerazione, vengono chiamati “esternalità”, una sorta di effetto collaterale, e quindi praticamente ignorati. Di fatto si usa una dottrina assolutamente miope e distaccata dalla realtà delle cose e delle vite delle persone come criterio primo da rispettare, anche davanti a “esternalità” da cui dipende la nostra stessa sopravvivenza.

Addirittura nella creazione del parametro 3% si è ignorata la più elementare procedura dottrinaria, persino la banale logica: facendo un paragone con la salute è come se qualcuno, cercando un parametro ideale che rappresentasse lo stato di benessere psicofisico, radunasse delle persone in una stanza, individuasse quella apparentemente più in salute, ne misurasse due valori casuali come per esempio la lunghezza dei suoi capelli e il suo peso corporeo, e affermasse che il loro rapporto fosse proprio il parametro che tutti gli altri dovrebbero perseguire per essere in salute. Nel caso del 3% siamo di fronte a un parametro inventato con la stessa “logica” e che andrà a condizionare la vita di 500 milioni di persone, almeno direttamente, perché indirettamente sono molte di più.

È sempre saggio ascoltare gli esperti, capire cosa vogliono dire e perché, ragionando sui concetti espressi.
Fidarsi ciecamente degli esperti, quello no, non è mai saggio, soprattutto quando la materia è proprio l’economia.

L’economia è una forma di danno cerebrale” David Suzuki.

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