Germogli dal terreno-pensiero

Non c’è alcuna azione senza la formazione di un pensiero alla base. Qualsiasi lotta e quindi qualsiasi cambiamento, dal più piccolo alla rivoluzione di interi sistemi, non può che nascere da nuove concezioni, nuove idee, nuovi principi.
Le motivazioni e le filosofie nate dal pensiero sono dunque il terreno su cui si piantano i semi delle azioni. In base al terreno queste potranno germogliare o meno, dare ottimi frutti o frutti velenosi.Il nostro collettivo ha spesso intavolato discussioni anche accese, proprio per andare a fondo su quelle motivazioni e filosofie che muovono sia persone comuni che altri attivisti.
Questo alcune volte è stato scambiato dall’esterno con un voler cercare lo scontro, essere inutilmente puntigliosi o giudicare le persone. Tutt’altro.
Il nostro voler andare a fondo è sì per giudicare ma non nel senso “morale” del termine, piuttosto nel senso più comune che è quello di esercitare la facoltà del giudizio, distinguere, discernere. E a questo giudizio mai è sottoposto l’interlocutore, ma le sue idee e le sue argomentazioni, la conseguenza delle sue azioni, ecc. in un’offerta di scambio reciproco e paritario in cui anche noi offriamo al giudizio altrui le nostre idee, strategie e argomentazioni.Questa nostra attitudine (mera applicazione del senso critico) che cerchiamo di mantenere costantemente viva e attiva anche su noi stessi, pensiamo sia fondamentale per l’attivismo, proprio per indagare e analizzare quel terreno di cui parlavamo all’inizio, applicando un filtro che blocchi tra le sue maglie ciò che potrebbe essere nocivo alle cause per cui ci battiamo. In breve, riteniamo fondamentale chiedersi ogni volta se le nostre azioni, mosse dai nostri pensieri, possano essere utili o dannose alla causa che intendiamo perorare.

Quindi anche quando siamo di fronte a un pensiero o una posizione sensati che però hanno in sé elementi, anche minimi, su cui abbiamo dei dubbi, oppure tutte le volte che ci troviamo di fronte a comportamenti dissonanti rispetto alle cause abbracciate (e che quindi rivelano evidentemente una fallacia filosofica alla loro base), li mettiamo subito in luce e proponiamo un confronto, piuttosto che ignorarli e abbozzare un giudizio superficiale, perché questo sarebbe ingenuo e pericoloso. Troppe volte movimenti rivoluzionari, a causa di elementi distorcenti nelle premesse filosofiche, anche apparentemente trascurabili, si sono trasformati in pericolosi reazionarismi.

Avere idee discordanti e discuterne non può che fare bene all’attivismo, mentre trovarsi a discutere perché un interlocutore è reticente ad aprirsi e ad argomentare ciò che pensa, quasi questo fosse un’invasione di campo, un pensiero privato da proteggere, non fa bene a nessuno, soprattutto alle cause che si è deciso di sposare.
Se un attivista non vuole o peggio ancora non riesce a spiegare il proprio punto di vista che, ricordiamo, è il terreno su cui dovrebbero mettere radici le sue azioni, viene da chiedersi dove abbiano le radici queste azioni, e crediamo sia quanto mai urgente che questi debba interrogarsi su quello che sta davvero facendo e perché.

A fronte di questo nostro atteggiamento di continua valutazione e messa in discussione di ciò che sta alla base delle azioni e dell’attivismo stesso, ci risulta molto difficile comprendere perché ci capita di vedere attivisti rifuggire il dialogo, che si dileguano, che adducono scuse, vogliono “essere lasciati in pace” o si sentono “aggrediti” dalle nostre richieste di spiegazioni e dal nostro (largamente motivato) bisogno di confronto.

Se nemmeno nel parterre degli attivisti si è ancora riusciti a capire l’importanza del confronto (e sì, anche dello scontro) come strumento di analisi e autovalutazione, anche andando contro alle regole “galateistiche” di dialogo, cercando di andare alla radice delle cause il più possibile, evitando di perder tempo con strategie dimostratesi ampiamente fallimentari, capiamo che la strada si allunga sempre di più ma il tempo a disposizione diventa sempre minore.

Nonostante questo, il Deviance Project continuerà a cercare di essere fucina di dialogo, di analisi e di confronto, di artisti, di artivisti, di attivisti, di lavoro instancabile per dar voce a chiunque voglia contribuire a mettere in discussione in modo davvero radicale la civiltà e i suoi orrori tutti.
Cercheremo di fare la differenza nel modo che ci sembra più incisivo: esattamente come l’efficacia e la bontà delle azioni attiviste dipendono dal terreno delle filosofie e motivazioni su cui queste crescono, così le azioni dei singoli individui che creano la nostra realtà a loro volta germogliano e crescono in base al terreno-pensiero su cui sorgono, a noi spetta quindi il compito di aggiungerci a tutte le forze che cercano di creare un terreno diverso, privo di tutte le convinzioni che ci hanno spinto a prendere la strada delle discriminazioni e del dominio, solo così germoglieranno le azioni che renderanno questo un mondo migliore.

Fonte: Mason Massy James

 

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