LA CANNABIS

INTRODUZIONE
La cannabis è una pianta che ha accompagnato l’uomo civilizzato durante buona parte della sua storia.
Secondo una nuova ricerca (che tuttavia richiede approfondimenti) della Freie Universität Berlin la diffusione della cannabis non sarebbe cominciata nell’antica Cina nel 5.000 a.C. come ritenuto fino ad oggi, ma molto prima (tra 11.500 e 10.000 anni fa) e contemporaneamente in più aree del mondo (di sicuro in Europa ed in Giappone).

La cannabis è stata utilizzata in svariatissimi settori con numerose modalità: carta (persino la costituzione americana era scritta su canapa), tessuti, corde, olio, medicine, cibo, funi, plastica, legno, combustibile, una vastissima gamma di medicinali.
E’ una pianta molto resistente e può crescere nelle latitudini più disparate. Non necessita di diserbanti o pesticidi, cresce più velocemente di quasi tutte le altre piante. E’ già stata utilizzata per fare praticamente tutto: crackers, gabbiette per animali, materiale isolante, filamenti tessili, custodie per chitarre, lenzuola, mascara, tovaglioli, fiocchi d’avena, materassi, calzature sportive, ciucci per bambini, cuscini, casse, poltrone, tende, deodoranti, filtri per caffè, cappelli, stivali, assi da stiro, asciugamani, guanti, candele, tavole da surf e perfino case per buona parte.
Un ormai famoso esempio è quello della macchina di Henry Ford che era fatta quasi interamente da composti vegetali, soprattutto cannabis e derivati.
La carrozzerie in canapa risultarono essere molto più funzionali di quelle convenzionali. Era inoltre stato messo a confronto il combustibile utilizzato con la benzina ottenendo risultati pazzeschi: se bruciata la benzina produce un denso fumo nero mentre la canapa nemmeno un po’; inoltre, nel loro utilizzo, la benzina lascia residui neri nel motore, cosa che non succede con la cannabis.

PROIBIZIONISMO
Come è risaputo, la cannabis è stata oggetto di dibattito durante il periodo da cui scaturì il proibizionismo negli anni ’30.

Ma da cosa nacque il proibizionismo? Analizzando il contesto possiamo trovare diversi interessi dietro al mercato della marijuana.
I principali settori minacciati dalla canapa erano quello farmaceutico, quello della legna/carta, del tessile sintetico, della plastica e quello del petrolio.

L’industria farmaceutica nascente era finanziata da John Rockefeller (tra le altre cose proprietario della Standard Oil, di raffinerie e di stazioni di servizio) e Andrew Carnegie, che spingevano per eliminare i tipi di cure esistenti a base di erbe (compresa la cannabis) per poterle sostituire con i farmaci creati in laboratorio.
Nel settore del legname e della carta troviamo William Randolph Hearst. Egli aveva acquistato milioni ettari di terra per il legname per produrre carta, ma con il ritorno della carta di canapa il suo impero era destinato a crollare (la canapa era più economica e meno inquinante).
Un’altro gigante dell’industria che si trovò minacciato dalla cannabis era Lammot Dupont, che produceva diverse fibre sintetiche dal petrolio: nylon per calze, spazzole, abiti da uomo, gomme per automobili, cellophane. I concorrenti che utilizzavano la canapa per produrre gli stessi oggetti risultavano migliori e quindi pericolosi. Inoltre, Hearst e Dupont erano entrambi finanziati da Andrew Mellon, un importante imprenditore, banchiere, politico statunitense (uno dei massimi esponenti del capitalismo USA) e proprietario della Gulf Oil, una delle famose sette sorelle.

Andrew Mellon era anche il ministro del tesoro americano. Nel 1931 nominò alla direzione del neonato Ufficio Narcotici il suo genero Harry Anslinger, già agente federale durante il proibizionismo degli alcolici, che divenne uno dei principali promotori del proibizionismo della cannabis.
Non essendo possibile attaccare pubblicamente la CANNABIS, che era conosciuta da tutti per ciò che realmente era, venne attuata un’operazione di screditamento che incontriamo diverse volte nel corso della storia: cominciarono a chiamarla MARIJUANA e ad associare il termine alle minoranze etniche cavalcando il razzismo e la xenofobia del tempo. Ed ecco che nel giro di poco tempo l’America si ritrovò con un nemico demonizzato da tutti: alcuni medici affermarono che la marijuana fosse capace di assuefare e cambiare una persona sia moralmente che fisicamente in poche settimane; nei cinegiornali furono trasmessi video che mostravano persone sotto effetto di marijuana che si buttavano dalla finestra, che investivano persone in macchina, che commettevano brutalità, omicidi, crimini sessuali, suicidio ed atti folli.
Così una volta create le condizioni mediatiche adatte, nel 1937, venne approvata in parlamento la legge che proibiva l’utilizzo e la coltivazione della marijuana.
La maggior parte dei deputati e dei senatori che approvarono la legge non sapeva nemmeno che marijuana e canapa fossero la stessa cosa. E così,senza un pubblico dibattito e senza il supporto di ricerche scientifiche, nel 1937 il Marijuana Tax Act venne approvato dal presidente Roosvelt.
La guerra alla canapa era ufficialmente iniziata.

Non tutti però si fecero convincere dalla propaganda contro la canapa..
Fiorello La Guardia, famoso sindaco di New York, commissionò una ricerca per verificare realmente gli effetti della marijuana su un individuo: trentuno scienziati indipendenti lavorarono alla ricerca per oltre cinque anni portando a termine la prima indagine scientifica sull’uso di marijuana. Il rapporto La Guardia, pubblicato nel 1944, evidenziava risultati sorprendenti: la marijuana non provoca atteggiamenti aggressivi o antisociali e non altera gli aspetti fondamentali della personalità.
Harry Anslinger gettò discredito sulla ricerca e fece bruciare ogni singola copia del rapporto che i suoi uomini furono in grado di trovare. Inoltre fece promuovere campagne mediatiche per far si che il fumatore di marijuana venisse associato al consumatore di droghe pesanti come eroina, cocaina o morfina (famoso discorso della “droga di passaggio verso quelle pesanti” che si continua a sentire tutt’oggi, cosa che non ha mai trovato riscontro nelle ricerche scientifiche). Ed ecco che il fumatore veniva equiparato al drogato cronico, al “perdente”, al “rifiuto della società”. In aggiunta vennero fatte equiparare le pene per i consumatori di marijuana e quelli di droghe pesanti.
Forte della posizione dell’America, Anslinger riuscirà poi a fare espandere il divieto anche nel resto del mondo attraverso una lenta pianificazione che si concluderà con il suo discorso all’ONU nel 1961 con l’unificazione dei trattati internazionali già esistenti sul controllo della droga e la nascita della convenzione unificata su droghe e narcotici alla quale aderirono oltre 150 nazioni. La convenzione stabilì un tribunale internazionale ed impegnava gli stati a combattere la produzione di cannabis.

DAGLI ANNI 60 FINO AD OGGI
Nonostante ciò, a partire dagli anni 60 la marijuana cominciò a divenire simbolo di ribellione e di pace specialmente negli ambienti giovanili o rivoluzionari come Woodstock. Questo fece scaturire la voglia di scoprire di più perché era sempre più difficile vedere in quelle persone ciò che veniva descritto dalla propaganda nei decenni precedenti. L’opinione pubblica cominciò a cambiare: la cannabis venne difesa da nuove ricerche scientifiche, utilizzata dai soldati in Vietnam e dichiarata come legalizzabile da diverse star della tv.

Nel 1968 le elezioni vennero vinte da Nixon della destra conservatrice.
Essendo il dibattito pubblico sempre più aperto, venne commissionata una nuova ricerca sugli effetti dell’uso della cannabis sull’individuo. Ma ancora una volta i risultati della commissione furono opposti a quelli aspettati e concludevano che l’utilizzo per uso personale ed il possesso non dovrebbero essere bollati come crimini in quanto attività non pericolose. Il co-direttore di quella commissione fu Richard Bonnie, che si dichiarò sorpreso nell’aver scoperto quanto poco realmente si sapesse su quella sostanza e su quanto le leggi proibizioniste fossero basate sul nulla.

Tuttavia Nixon cestinò il rapporto e fece sapere alla nazione che la legge non sarebbe comunque cambiata: fece anzi approvare una legge per il controllo dei narcotici che collocava la marijuana nella cosiddetta “schedule 1”, ovvero la categoria per le droghe più pesanti e pericolose come eroina o morfina.
Per capire ancora meglio il quadro della situazione è interessante leggere quello che ha detto il collaboratore di Nixon Ehrlichman: “La campagna elettorale di Nixon nel 1968, e la Casa Bianca di Nixon dopo, aveva due nemici: la sinistra contraria alla guerra e la gente di colore. Capisce che cosa sto dicendo? Sapevamo che non si poteva rendere illegale il fatto di essere contro la guerra o neri, ma si poteva fare in modo che la gente associasse gli hippy con la marijuana e i neri con l’eroina, e poi criminalizzandoli pesantemente, potevamo fermare quelle comunità. Potevamo arrestare i loro capi, assaltare le loro case, interrompere i loro raduni e umiliarli sera dopo sera sui notiziari. Sapevamo di mentire riguardo alle droghe? Naturalmente sì.”

Nixon (per implementare meglio le sue leggi) creò anche la DEA, agenzia federale che serviva per combattere le droghe in tutta la nazione e che ben presto divenne anche uno strumento per controllare le minoranze etniche o gli estremisti politici (potevano spiare cittadini ed irrompere nelle abitazioni senza un mandato). L’agenzia verrà utilizzata sempre in chiave proibizionista anche dalla presidenza Reagan. La DEA (con il pieno appoggio della Casa Bianca) verrà poi definita una vera e propria macchina del terrore: migliaia di giovani finivano ogni giorno in prigione per il possesso di uno spinello.
Aprendo una parentesi sulla DEA: un episodio interessante sulla faccenda riguarda l’ex portavoce della DEA, Benita Nelson, che ha recentemente affermato che le uniche ragioni per cui la cannabis continua ad essere illegale sono la corruzione e gli interessi delle industrie. In passato la Nelson era comparsa numerose volte in televisione per parlare dei danni e dei pericoli della cannabis. Nel 2004 però, quando si rese conto della falsità di quelle informazioni e della criminalità delle azioni dell’agenzia per cui lavorava, Benita si dimise non senza accese discussioni in seguito al tentativo di offrirle più denaro (“Siete consapevoli che la cannabis sia sicura e la state tenendo lontano da chi ne ha bisogno! Non voglio i vostri soldi e farete meglio a preoccuparvi di ciò che dirò!”). Disse pubblicamente anche “se credete che quelli della DEA siano i buoni vi sbagliate di grosso, non lo sono. Stiamo parlando di corruzione all’ennesima potenza”.
Nel 2016 la DEA si rifiutò di rimuovere la cannabis dall’etichetta di “schedule 1 drug” quando ne ebbe l’opportunità, concludendo che “servono più ricerche” per mostrare i benefici medici della cannabis. Benita Nelson, durante un’intervista per The Hemp Connoisseur Magazine spiegò anche come la famosa “war on drugs” avesse corrotto i responsabili dell’applicazione delle leggi al punto da non poter più distinguere la DEA dai cartelli.

Dagli anni 70 si cominciò a notare come anche direttori di banca, avvocati, uomini d’affari o persone comuni divennero fumatori di marijuana. Nascevano inoltre in tutta America i primi gruppi di attivisti che chiedevano la decriminalizzazione della marijuana.
Dal 1993, col ritorno del democratico Bill Clinton, la guerra alle droghe venne rilanciata su scala globale. Janet Reno, il suo ministro della giustizia, arrivò a minacciare direttamente i medici che consigliavano la marijuana per uso medico.
Da una parte i funzionari di Clinton continuavano ad ignorare sistematicamente i risultati delle nuove ricerche mediche e dall’altra continuavano a diffondere le false informazioni sui presunti danni provocati dalla marijuana nonostante non avessero mai ritrovato riscontro nelle ricerche. Alla fine della sua candidatura Clinton divenne il presidente che spese più di tutti nella guerra al traffico e all’uso delle sostanze stupefacenti.
In America si inizierà a sentire allentamento sulla questione con le elezioni di Barack Obama, ovvero dal 2009.

Un esempio che vale la pena di citare in chiave proibizionissta in Europa è quello del Portogallo: dal 2001 ha decriminalizzato il possesso ed il consumo di tutte le droghe esistenti. Molti dissero che la scelta sarebbe stata un disastro e che si sarebbero visti scenari di spiagge piene di droghe, ma questo non si concretizzò ed il consumo di droghe in realtà diminuì. I soggetti dipendenti venivano trattati dal sistema sanitario (e non quello giudiziario), inoltre venivano offerte loro cure e supporto personale. Il funzionamento consiste quindi nel non cercare profitto nella vendita ma di cercare di informare il più possibile sui rischi e sugli effetti, pur non proibendone l’abuso.
In altre parole si cerca di aiutare il consumatore e non di punirlo.

CANNABIS MEDICA
Raphael Mechoulam è un biologo e chimico israeliano, famoso per i suoi studi sul sistema endocannabinoide e sul Δ9-tetraidrocannabinolo, il maggiore principio attivo della cannabis, da lui scoperto e sintetizzato nel 1964,
Vi è un interessante parallelo tra endocannabinoidi prodotti dall’uomo e quelli prodotti dalla pianta: l’azione dei composti che si trovano nel corpo degli esseri umani ed animali è uguale a quella che vediamo nei composti della pianta. Da questo fatto si intuì dunque perché gli effetti terapeutici per il nostro organismo sono così svariati. Gli endocannabinoidi prodotti dal nostro corpo hanno subito attacchi da quando viviamo nell’era industriale e per questo vi è qualcuno che suggerisce che l’assunzione di cannabinoidi sia perfino diventata necessaria.

Come agisce realmente la cannabis sul cervello umano? Il THC si lega a due tipi di recettori (CB1 e CB2) che si trovano in prevalenza nelle cellule cerebrali e nel midollo spinale.
Dal modo in cui i cannabinoidi immessi tramite il fumo si legano ai recettori neuronali dipende il modo in cui la cannabis influisce sul funzionamento del cervello.Il cannabidiolo (CBD) è un antinfiammiatorio ed analgesico, aiuta a combattere il diabete, le infezioni batteriche, i tumori maligni, calma i nervi, la psicosi e gli stati di ansia. Il THCV è utile per problemi di diabete di tipo 2 e svolge una funzione protettiva e preventiva contro i tumori maligni.
Il CBC sembra in grado di combattere stati di depressione, infiammazioni ed ha un effetto inibitore nei tumori al seno e nella leucemia.
Il dottor Di Marzo, direttore di ricerca presso l’Istituto di Chimica Biomolecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche e coordinatore del gruppo di ricerca endocannabinoidi nella regione di Napoli, sintetizzò gli effetti degli endocannabinoidi dicendo che: ci rilassano, ci aiutano a mangiare, a dormire, a dimenticare e ci proteggono.
Queste invece le parole del Dr. Gessa, neuropsicofarmacologo, rispondendo ad una domanda sulla cannabis : Cosa risponderebbe a un adulto che le chiede se può «farsi una canna»?
«Se non rientra nelle categorie appena dette, cioè adolescenti pre adolescenti e soggetti affetti da psicosi, non lo dissuaderei più che dal bere tre bicchieri di vino a cena: l’effetto è lo stesso e il rischio di dipendenza minore».

Anche i medici, sempre di più, riconoscono l’importanza di questa pianta nel trattamento di diverse patologie, soprattutto nel trattamento del dolore.
Negli ultimi tempi però, si parla specialmente di epilessia.
Può davvero la cannabis curare le convulsioni? L’esperienza clinica sembra proprio dirci di si. Uno strumento che negli ultimi anni, soprattutto negli Stati Uniti, sta prendendo piede per trattare l’epilessia è l’olio di cannabis. Non è legale in tutti gli stati, perciò sono centinaia le famiglie costrette a trasferirsi, e questo non avviene soltanto per cittadini americani.

MARIJUANA E CANCRO
Sono diversi i dottori a favore dell’utilizzo della cannabis terapeutica per curare o prevenire il cancro. Tra gli altri ricordiamo : Mcallistere, Hergenrather, Melamede, Guzman, Abrams, Bearman.

Gli effetti che la marijuana ha nei confronti del cancro sono antiproliferanti (ferma la riproduzione del cancro), antiagiogenesi (impedisce al tumore di sviluppare nuovi vasi capillari, che aiutano il tumore a crescere), antimetastatici (i cannabinoidi bloccano l’abilità delle cellule cancerogene di trasmettersi in altri tessuti) ed apoptotici (abilità dei cannabinoidi di accelerare la morte delle cellule anomale).
Manuel Guzman, conosciuto in tutto il mondo per i suoi studi sulla cannabis medica, ha concluso che la cannabis è in grado di indurre la morte nelle cellule tumorali, di avere un effetto inibitore sulla moltiplicazione e sulla crescita delle cellule tumorali,di diminuire la crescita dei tumori.

Esistono diverse ricerche scientifiche che hanno confermato l’efficacia della marijuana contro il cancro in particolare nei tumori al cervello, seno, prostata, polmoni, colon, nei linfoma e nelle leucemie.

L’INDUSTRIA FARMACEUTICA
L’industria farmaceutica moderna cerca cure mirate e non preventive. Ovvero anziché cercare una medicina che possa curare e prevenire svariate patologie, crea più medicine per ogni problema.
Invece che dedicarsi a vaste ricerche sui cannabinoidi, le case farmaceutiche preferiscono sfruttarne le singole caratteristiche per far uscire sul mercato medicinali dal rapido successo commerciale.
La cannabis fu utilizzata dall’industria per produrre diversi farmaci:
Tra gli altri ricordiamo: il caso della Sanofi Aventis che nel 2006 mise in commercio il Rimonabant (endocannabinoidi in pillola), un prodotto per dimagrire che però fu un fallimento perchè nella realizzazione non erano stati tenuti in conto gli impulsi di tipo psicologico e gli effetti che agiscono come stimolatori dell’umore (venne ritirato dal mercato nel 2008);
il caso della GW farmaceutici;
il caso della Roxan farmaceutici con la pillola di thc sintetico chiamata Marinol (anni 90).

Ecco che questo assurdo ciclo si chiude: la cannabis venne proibita per la presenza del THC, mentre ora il THC è prodotto e venduto dalle case farmaceutiche.
La DEA ha cercato di giustificare questa contraddizione spiegando che la marijuana rimane proibita per i danni che causerebbe il fatto di fumarla.
Nel frattempo però nessuno si è ricordato di proibire le sigarette.
Ricordiamo che l’efficacia della marijuana contro il cancro risulta essere nota al governo americano dal 1974.

CONCLUSIONI
Quella della cannabis è una storia di manipolazione dell’informazione e dell’opinione pubblica, di abuso di potere, di imposizione velata e violenta delle idee, di corruzione in ambito politico e scientifico, di accordi (ormai non più) segreti tra grosse industrie.

E’ quindi ovvio che il problema “droga” non rappresenti che una piccola percentuale della questione, che nasconde invece una storia di interessi industriali e politici giganteschi.

Fonte: Mosca Bianca

 

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