Obbligo di (autod)istruzione

Vorrei soffermarmi sul concetto di scuola e di obbligo di (autod)istruzione. C’è da chiedersi: perché esiste la scuola? Molti potrebbero rispondere “per darci una cultura di base”, “per imparare a vivere in società” e stronzate varie che ci hanno insegnato (sempre a scuola) a dire; in verità l’unico motivo vero per cui è stata istituita una “scuola dell’obbligo” è il seguente: abituare e preparare l’individuo a un futuro lavoro salariato attraverso alcuni anni di lavoro non salariato.

L’unico modo, infatti, per fare apprezzare una condizione di schiavitù retribuita a un adulto è farlo passare per una schiavitù non retribuita da piccolo; nessuno potrebbe convincere una uomo abituato alla libertà a lavorare 8/10 ore al giorno così di punto in bianco in cambio di un mensile che gli permetta appena di sopravvivere, ma se lo si prende da bambino e lo si convince e indottrina quando ancora non può difendersi o avere senso critico che quella di stare chiusi e col capo chino ad obbedire a un capo è la normalità, da grande sarà un docile servo, anzi ringrazierà che finalmente qualcuno lo paghi per eseguire gli ordini.

La scuola è quindi sostanzialmente una palestra per schiavi a tutti gli effetti.

Mantenendo la stessa struttura e le medesime dinamiche del carcere, in cui oppressi da un potere gerarchizzato, gli individui sono implicitamente spinti l’uno contro l’altro per sopravvivere ed emergere, essa prepara le persone ad essere inserite come ingranaggi perfetti nel sistema produttivo, e parallelamente inculca in esse tutti gli elementi tipici di una società basata sullo sfruttamento e la sopraffazione nonché necessari al mantenimento delle disuguaglianze: competitività, conformismo, servilismo, egoismo e arrivismo.

Dove vi è “obbligo” non vi può essere beneficio, se non per chi vi obbliga.

 

 

Fonte: Fulvio Venanzini


 

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